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La superstizione delle leggi di mercato PDF Stampa E-mail

16 Settembre 2023

 Da Appelloalpopolo dell’11-9-2023 (N.d.d.)

È recentemente comparsa sui media la notizia che i giovani italiani si stanno allontanando dalla professione di marinaio e che è quasi impossibile trovare giovani italiani che vogliano intraprendere le professioni del navigare.

In realtà, se si va a scorrere bene le pagine dei giornali o se si discute a voce coi professionisti di ogni settore lavorativo si scoprirà che i giovani mancano nelle professioni più disparate: non ci sono geometri, non ci sono infermieri, non ci sono medici, non ci sono docenti a scuola. Il motivo alla base di tutto è che non ci sono più giovani italiani: falcidiati in numero dal più basso tasso di fertilità della storia umana (si consiglia un indicativo saggio in merito: Roberto Volpi, “Gli ultimi italiani”, Solferino Ed.), spinti ad emigrare da una retorica globalista che indica loro l’Italia come il paese più disastrato del mondo e l’Europa o l’America come l’eden del XXI secolo, è ovvio che il numero assoluto delle fasce d’età più basse rimaste in patria sia ridotto al ridicolo, e che nemmeno l’immigrazione riesca a compensarne le perdite, specie quando ad immigrare è personale privo di ogni qualifica professionale. Chi si lamenta della mancanza di giovani in settori lavorativi o la smetta di mugugnare, o proponga soluzioni per far sì che le famiglie si rimettano a fare ciò che in qualsiasi civiltà, di qualsiasi epoca e in qualsiasi continente è sempre stato fatto: generare bambini.

Ma l’osservazione più grave pertiene all’assenza di un punto fondamentale nelle critiche di chi urla “non vengono i giovani”: il tema salariale. Quanto viene pagato un marinaio? Qual è lo stipendio di un infermiere? Basta per mantenere dignitosamente sé stessi e la propria famiglia come recita l’art. 36 della Costituzione? Le “leggi di mercato” rivelano di essere una superstizione fasulla proprio in questo contesto: se esistesse il gioco “della domanda e dell’offerta” allo scarseggiare dell’offerta di manodopera aumenterebbero gli stipendi che invece, cifre statistiche alla mano, sono al palo. E il problema non è questo. Il problema è che alle superstizioni delle “leggi di mercato” la maggior parte del pubblico, giovani inclusi, ci crede ancora.

Marco Trombino

 
Fisica della saggezza PDF Stampa E-mail

13 Settembre 2023

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Considerazioni nel rispetto di due formule delle tradizioni sapienziali, vedica la prima, alchemica la seconda: tutto è uno e come in alto, così in basso.

Se le tradizioni hanno già detto tutto, ma in linguaggio esoterico, sulla realtà, l’universo, il mondo, la vita e la morte, così i molti imbalsamati sulla sola dimensione materiale delle verità hanno creduto bene di tenere fuori dal loro ambito di ricerca quanto avevano a disposizione. Il loro progresso si è così ridotto al guadagno, alla misura, alla scomposizione. In questo modo hanno creduto di poter abbandonare l’anima del mondo alla stazione di servizio. Dopo tanto tempo passato a correre dietro al denaro e al suo potere, qualcuno si è accorto che c’era qualcosa che non andava, la scienza aveva capito molte cose ma altre neppure le aveva considerate, in quanto roba da ciarlatani e stregoni, dicevano i suoi fedeli. Comunque sia, la provvidenza secondo i cattolici, il karma secondo i Veda, e il ciclo delle rinascite, sasāra, secondo il Buddha, hanno complottato per offrire ad Heisenberg e soci l’opportunità di emancipazione dal totalitarismo materialista e positivista che aveva fin ad allora obnubilato la creatività umana. Ma anche dal capitalismo ordoliberale, dai diritti per legge e perciò dalla cancellazione dell’ordine della natura. Ma più ancora, dalla religione dell’uomo come ente indipendente dalla sua origine, dunque foriero di una cultura babelica, avviata a traballare viste le sue fondamenta impiantate su valori esclusivamente storico-materialisti.

La meccanica quantica accetta e vede i limiti della fisica classica. Queste due, come nella parabola della caverna platonica, pur vedendo il medesimo mondo, lo descrivono in modo differente. Le ombre proiettate sulla roccia non sono più il solo mondo disponibile, e così la sua descrizione non più la sola realtà. Inizialmente, la questione riguardava soltanto l’ambito sub-atomico. Nell’estremamente piccolo, avevano osservato che la forma della realtà muta in funzione di chi la osserva, che materia ed energia sono una cosa soltanto con il vezzo di travestirsi e interscambiarsi il guardaroba. Non solo, si divertivano anche a depistare gli ottusi alla faccia della logica. Diretta dalla logica infatti, l’orchestra era tenuta a rispettare il principio di causa-effetto e dello spazio-tempo, una diade sempre univocamente misurabile nel mondo ridotto a materia, ma non in quello infinitamente più vasto che stava albeggiando nell’oscurantismo materialista. Il molto piccolo si prestava a essere assimilato a ciò che da sempre i ciarlatani dicevano sottile. Assumendo – o vedendo – tale similitudine, ci si poteva permettere ­di – o si doveva – riconoscere che sentimenti ed emozioni sono fertili germi che ingravidano sempre bisogni e motivazione. Così, concependo il mondo investito dalla presunzione oggettiva, esso diveniva relativo e del tutto apparente, anzi, creato proprio dall’impossibilità della neutralità dell’osservatore. È un passaggio cruciale per chi ha in sé un barlume di spazio per accreditare che le cose non stiano proprio come c’era scritto sul sussidiario, o come la famiglia Angela e l’intero universo scientista le propinano in pasto alla curiosità delle persone. Cruciale, in quanto ogni nostra narrazione ci contiene, e se ciò accade, significa che non siamo altro da quanto narriamo. Allora anche la macro-dimensione, finora sfuggita al suo stesso aggiornamento, ha a che vedere con quanto si riteneva proponibile solo per la micro. Ed è qui che i ciarlatani devono essere ripescati dal cestino dove sono stati vanagloriosamente gettati. I cui foglietti stracciati e accartocciati devono ora essere dispiegati e ricomposti, per recuperare quanto ci hanno scritto. Sarà lì che si leggerà che l’interesse personale fa danno alla nostra e altrui vita, e che quello incondizionato è molto più al centro delle cose di quanto possa essere la nostra furbizia argomentativa. Che la conoscenza è già in noi e che fuori ci sono solo arcipelaghi di sirene e lidi di porti effimeri.

Diversamente, se in cima all’arrogante torre della conoscenza cognitiva ora si traballa, a breve tutto crollerà. Su di noi. “Anzi, scoprire che la logica sottile che orienta i buchi neri è la stessa che orienta la nostra memoria e le nostre scelte ci fa sentire parte dello stesso scorrere globale, dello stesso flusso”. “Facciamo sempre l’errore di pensarci diversi dal mondo attorno a noi, pensiamo di guardarci dal di fuori. Ci dimentichiamo che siamo come le altre cose. Che guardiamo le cose essendo loro”. (Carlo Rovelli-Buchi bianchi-Milano-Adelphi)

Lorenzo Merlo

 
Delirio suicida PDF Stampa E-mail

9 Settembre 2023

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 Da Rassegna di Arianna del 6-9-2023 (N.d.d.)

La BCE è stata impostata, per suo statuto, su alcune precise colonne: -non dare aiuti agli stati comprando i loro titoli del debito pubblico, non farsi condizionare dai governi e non condizionarli, -regolare la creazione monetaria, prevenire l’inflazione sopra il 2% annuo.

Ha fatto tutto il contrario, con effetti perniciosi: – applicando la Financial Stabiliti di Mario Draghi e altri, ha creato-moneta debito a go go (Q.E.), debito che ora ci cade addosso; – ha comperato circa un terzo dei debiti pubblici, il che costituisce un aiuto agli Stati; – ha fatto cadere almeno due governi (Papadopoulos, Berlusconi) e ha mandato ad alcuni governi diffide a tenere certe linee di politica economica, pena il non acquisto del loro debito pubblico, il che costituisce ricatto politico; – da quando si sono presentate tensioni inflazionistiche dovute non a eccesso di domanda ma a carenze di strutture di rifornimento, ha reagito impropriamente impennando i tassi, innescando la recessione e la crisi di insolvenza, e ciononostante non ha fermato l’inflazione.

Ricordate quando il Financial Times, dipingendolo come un coraggioso innovatore standing tall, esaltava Mario Draghi e il suo whatever it takes, cioè sostenere la bolla dei mercati speculativi creando e immettendo in essi quantità temerarie di moneta senza finanziare l’economia reale? Mario Draghi stava semplicemente applicando la politica dei governi a direzione bancaria che, dopo lo scandalo e il disastro dei mutui subprime e del leveraggio folle, anziché punire i banchieri autori di tali comportamenti e prevenire con opportune riforme il ripetersi di essi, li premiò, scaricò i danni sul contribuente e sui lavoratori, e ricreò, con un enorme e continuata emissione monetaria a tassi zero o negativi, le condizioni per una ripetizione moltiplicata di quelle porcherie distruttive che avevano enormemente arricchito appunto la classe dei banchieri a cui Mario Draghi appartiene e con cui il Financial Times sembra in sintonia. Quella classe, per dirla sempre con Mario Draghi, che comprende le persone in grado di fare le cose, mentre la popolazione generale può solo subirle. I medesimi signori non avevano fatto un millesimo di tutto quello per salvare la Grecia da un disastro (causato da altri banchieri) e da un saccheggio che sono costati anche migliaia e migliaia di vite umane. Standing tall! Sì, sui cadaveri degli altri.

Hanno creato il sistema di riciclaggio di debito pubblico, dove dopo il 2008 salvarono le banche a patto che esse comprassero illimitatamente debito pubblico poi usato come collaterale per RePo alla BCE.

Hanno drenato capitale da investimenti produttivi per finanziare qualsiasi cosa fosse improduttiva e menzognera come titoli di stato, immobiliare speculativo, economia verde. Non hanno permesso deficit temporanei per modificare la tassazione in senso piatto. Hanno ristretto i parametri di merito di credito, dando a chi già ha, quindi spedendo l’economia in direzione iperciclica, monopolista, od oligopolista nel migliore dei casi. Hanno fatto divenire l’euro un asset a sé stante, come un’azione dell’azienda UE, della oniroide narrativa ideologica suprematista europea, e quindi  scarso e deflazionista come l’oro. L’economia UE non ha visto infrastrutture né imprenditoria diffusa, ma solo il sogno di essere vicini alla magica fontana del denaro che compra tutto dal mondo senza fare nulla, vendendo appunto azioni del sogno europeo. Ma, a quel punto, conviene ridurre la popolazione, perché quanta meno è la gente con cui si spartisce, tanto più si è ricchi, quindi va bene promuovere trattamenti sanitari controproducenti e relazioni amorose sterili, e cani invece di bambini; fino all’oblio, quando il mondo non accetta più l’azione di un delirio folle e suicida.

Ricordiamo che la cosiddetta unità europea è un progetto non europeo, ma statunitense, spinto e finanziato dalla CIA, finalizzato a prevenire una integrazione economica con l’URSS. Con la guerra Ucraina, ha annientato l’Unione Europea sul piano politico e l’ha distaccata dalla Russia. Quindi ora Washington non ha più bisogno dell’UE. Perciò ha tagliato le gambe alla Germania sabotando il Nordstream, e le sega ora alla Francia destabilizzando il suo impero coloniale africano e demolendo la sua immagine morale. Ha tagliato le gambe anche all’Euro, facendo crollare la sua quota di uso nel commercio internazionale a beneficio del Dollaro.

Marco Della Luna

 
Oggi più che mai PDF Stampa E-mail

8 Settembre 2023

Si può ipotizzare e supporre sia esperienza comune di chi riconosce il male del pensiero unico avere avuto la sensazione che le cose stiano per cambiare, che le consapevolezze idonee per non essere complici della politica disumanizzante in corso siano sufficientemente diffuse. La cultura, quel seno dal quale succhiamo valori e pensieri, speranze e direzioni, scelte e possibilità, ha forse ora più che mai la fecondità per contrastare i mostri generati dall’avvento del Great reset e del capitalismo di controllo.

A volte sembra d’essere prossimi a vedere realizzati quei cambiamenti di paradigma che ci stanno a cuore. L’ambiente non più argomento di facciata e irreggimentazione, la Terra come organismo, la questione demografica come problema primario, le politiche dedicate all’homo sentiens, non più oeconomicus, il cibo e i sentimenti come fonte di salute e/o malattia, la medicina profonda e non di superficie, in grado di arrivare all’origine dei problemi, invece che dedicarsi ai sintomi e a ingrassare le pance già piene dell’industria delle malattie, la questione di genere lasciata alla libera scelta individuale, e non eletta a ideologia politica. Eccetera.

Oggi più che mai, sembra vicino il momento in cui al Pil, come referente del benessere di una nazione, verrà sostituito un criterio politico che avrà nell’uomo e nei suoi bisogni fondanti il criterio di ricerca e scelta, in cui il benessere sarà legato all’armonia e si avvieranno processi culturali idonei a crescere uomini compiuti, in grado di riconoscere se stessi, di ridurre le dipendenze fisiche e ideologiche, le malattie, consapevoli di cosa possa la volontà. Oggi più che mai, sembra che l’ambiente possa definitivamente assurgere a problema capitale, e non semplice corollario di governi che non vogliono fare la figura dei cattivi, che vogliono sottrarsi alla responsabilità di averci portati al massacro della natura. Oggi più che mai, il rischio della consapevolezza di essere semplicemente un’espressione della natura, cioè della vita, necessaria al cambio di paradigma politico e culturale, si sta estendendo a fasce sempre più ampie di persone. Oggi più che mai, qualcuno accenna al problema demografico mondiale. Non nei riduttivi termini produttivo-economici e di controllo sociale, entro i quali normalmente viene citato a sostegno dei problemi di crescita economica e del Great reset, ma in quelli dove si riconosce l’implicito degrado presente nell’equazione capitalismo-sfruttamento-ingiustizia-grandi numeri. Il problema demografico riguarda infatti il concetto di crescita infinita, incompatibile con tutto, in particolare con una Terra finita. In un lago, le ninfee raddoppiano ogni giorno. Se impiegano dieci giorni a coprire l’intera superficie, quanti giorni saranno necessari per coprirne la metà ancora sgombra? Indipendentemente dal punto in cui siamo – che non è certo ai primi giorni –, la questione demografica, come qualunque altra, se vista con la devastante lente della crescita infinita, soggiace alla logica delle ninfee. Non occuparsi della questione demografica in termini di cambio di regime potrebbe essere esiziale per buona parte di noi. Big Pharma, geniale industria commerciale, maestra nel mantenere alto il mercato dei propri clienti, non può per sua natura interna cessare di investire in malattie. Produrre e diffondere pillole decimanti e contagianti virus dal costoso antidoto sono il suo decorso ordinario, come il torrente obbligato a scendere a valle. Sempre per il bene comune, sia chiaro. Oggi più che mai, è possibile, oltreché necessario, spostare la questione del genere dal diritto al rispetto. Chiunque potrebbe consumare la sua vita secondo il proprio ordine, senza bisogno di leggi che separano l’uomo dalla sua origine, gettandolo e lasciandolo nell’incantesimo di credersi autonomo e svincolato dalla verità carnale della natura, nella convinzione che il diritto possa prendere il suo posto sull’altare della conoscenza.

Ma oggi più che mai, a vedere la realizzazione di quanto accennato manca comunque ancora molto. Oggi più che mai, le persone credono che il torrente possa andare in su. Oggi più che mai, è necessario che la consapevolezza di Ahrimane e il suo potere escano da sotto il tappeto dove gli uomini d’affari hanno sapientemente deciso di occultarli.

Lorenzo Merlo

 
Autocrazia occulta che fa ciò che vuole PDF Stampa E-mail

7 Settembre 2023

 Da Rassegna di Arianna dell’1-9-2023 (N.d.d.)

L'ideale per il potere capitalistico finanziario è non una società, ma una massa babelica di debitori-competitori, in cui ciascuno lotta per pagare al capitale finanziario le proprie scadenze debitorie sottraendo risorse al prossimo e senza mai poter estinguere il proprio debito capitale. L'ideologia genocida nazista e quella liberista di mercato derivano ambedue dalla teoria darwinista, scientificamente confutata, della selezione automatica del migliore attraverso la competizione. Il nazismo nacque infatti come darwinismo etnico e sociale in ambito anglosassone: Galton, Spencer, Stoddard...

Iniquità e ingiustizia generano le tensioni e i potenziali che tengono unita e attiva la società; le leggi e i tribunali servono a regolare queste dinamiche preservando l'ingiustizia e l'iniquità. L'oligarchia finanziaria, tra gli anni ‘20 e gli anni ‘80 del secolo scorso, ha distribuito quote di ricchezza nazionale in forma di quote di reddito, welfare e servizi pubblici, alle classi popolari al fine di dissolvere in esse, attraverso il consumismo edonista, la coscienza di classe e la capacità combattiva, nonché di indebitare strutturalmente verso di sé il settore pubblico e il settore privato. Negli anni ‘90 del secolo scorso, avendo raggiunto questi due scopi, ha iniziato a riprendersi quella ricchezza tagliando welfare, servizi e salari, e assoldando i leaders di sinistra per la loro copertura politica e morale. È così che quei signori sono divenuti liberali convinti. Dalla sequenza di crisi economiche e sociali non si può uscire, se non a tratti e illusoriamente, perché il potere monetario e creditizio è centralizzato, privatizzato, e da esso dipende ogni attività politica e che comunque richieda grosse somme. Puoi votare come vuoi, niente cambia.

 Molti commentatori dichiarano che fu un errore introdurre una moneta unica, l'Euro, senza dietro un potere politico unitario, come c’è negli Stati Uniti. Fu invece intenzionale: il potere politico unitario c'era già ed era nelle mani dei banchieri centrali, i quali però non volevano apparire, così da potere agire più liberamente ed evitare il rischio di dover pagare il fio. Perciò strutturarono l'Euro in modo da produrre gli effetti socioeconomici (devastanti) di medio lungo termine da loro desiderati, ma senza metterci la faccia, senza assumersi le responsabilità politiche, e facendo apparire che tutto fosse opera del mercato e dei politici, mentre era la loro strategia. La più comoda, e insieme perniciosa, forma di governo non è la tirannia, perché il tiranno si assume la responsabilità politica davanti a tutti sicché  deve moderarsi nel nuocere onde prevenire le rivolte, ma è questa autocrazia occulta, che fa ciò che vuole a spese dei popoli nascondendosi dietro governi e parlamenti burattini, remunerati per prendersi la responsabilità sue - salvo imporre qualcuno di loro (Papademos, Monti, Draghi) quando i burattini non ce la fanno più oppure alzano la testa. Per trenta anni il mondo anglo-americano, e in parte anche noi, ci siamo deindustrializzati lavorando con la testa dentro un computer i cui componenti essenziali sono fabbricati a Taiwan e costruendo un'economia di carta, perché convinti di poter con essa comperare all'infinito materie prime e prodotti dal resto del mondo. Siccome la pacchia del comprare con carta finisce oggi, quando il resto del mondo incomincia a rifiutarla, dobbiamo rimetterci a produrre le cose, sennonché nel frattempo abbiamo perso le professionalità, le artigianalità necessarie e persino la capacità di insegnarle con valide scuole tecniche, che abbiamo smantellato. In questo quadro, la contrapposizione di interessi tra l'Unione Europea e i paesi che la comandano da una parte, rispetto all'Italia dall'altra, ha operato e opera in tutti i campi, cominciando con la politica agricola comune che ha distrutto l'agricoltura italiana, e continuando con le regole di bilancio, l'euro, l'immigrazione, le politiche energetiche, le sanzioni alla Russia. Se facciamo un consuntivo della partecipazione dall'Italia all'Unione Europea, il risultato è così rovinoso che la scelta di proseguire appare un tradimento oppure il frutto di un ricatto innominabile. l'Unione Europea è stata costruita come strumento di sopraffazione da parte di Francia e Germania, mentre veniva fatta accettare a noi attraverso una narrazione di solidarietà, cioè l’esatto opposto della realtà. Tutta la classe politica, compresi i presidenti della Repubblica, è corresponsabile. Ci hanno ingannati per cinquanta anni. Tutto l'europeismo è costruito sull'ipocrisia di nascondere la contrapposizione oggettiva di interessi tra paesi dominanti e paesi secondari dentro l'Unione Europea.

 Al contrasto con l’UE, si aggiunge il contrasto di interessi con gli USA. Mediante le sanzioni contro la Russia e il sabotaggio del gasdotto Nordstream, Washington ha contenuto il calo della domanda di dollari per il commercio internazionale a spese della domanda di euro, che è calata nello scorso luglio da circa il 38% a circa il 23%. L’Euro sta perdendo la sua funzione di moneta internazionale, quindi c'è speranza che tolga il disturbo. Al contempo, sempre con le sanzioni, Washington obbliga gli europei a comprare il suo gas a prezzi multipli di quelli che pagava per quello russo. Ne risulta un vantaggio sui costi per le imprese americane e una fuga di capitali e impresa dall’Europa agli USA.  La politica estera, a braccetto con la guerra e l’esportazione della democrazia, gira sempre intorno all'imposizione monetaria e al signoraggio monetario internazionale (costringere i fornitori stranieri a dare beni in cambio di carta, sotto minaccia di interventi militari finanziati con i proventi di tale costrizione): i due fattori che hanno mosso la politica atlantica del secondo dopoguerra.

Marco Della Luna
 
Nessuna moneta comune dei BRICS PDF Stampa E-mail

5 Settembre 2023

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 Da Comedonchisciotte del 2-9-2023 (N.d.d.)

Fin dal primo momento dell’introduzione delle sanzioni nei confronti della Russia, sui media del mondo occidentale abbiamo assistito a un bombardamento continuo su quella che veniva presentata come l’innovazione del secolo all’interno del sistema monetario globale: la preziosa moneta comune dei BRICS legata ad oro e metalli preziosi in contrapposizione alla moneta fiat priva di ogni valore intrinseco e causa di immani sofferenze per i popoli – per voce del nostro main-stream – era un evento che veniva dato come certo ed estremamene prossimo.

Tra lo scetticismo di chi conosce la materia e di chi vi scrive – sul fatto che Putin e co. avessero consegnato il futuro delle loro monete e quindi della loro gente, nelle mani del cambio fisso di Euroniana memoria – gli economisti e gli addetti ai lavori proni ai poteri occidentali, hanno riempito giornali, TV e Web, con le loro certezze su quello che sarebbe stato, a detta loro, un fantomatico ritorno sulla Terra del Gold Standard, per mano di questi paesi capitanati da Russia e Cina. Siccome per più di un anno (anche a fronte delle smentite istituzionali), l’introduzione di tale moneta veniva data per certa sempre domani, come detto da parte del main-stream;  siamo arrivati ad un punto che per continuare a far stare in piedi la novella, i nostri romanzieri si sono dovuti giocare tutti i loro averi sulla tavolo verde del meeting dei BRICS che si è tenuto dal 22 al 24 agosto scorso a Johannesburg. In sostanza, era quella la dead-line, dopo la quale non saremmo più tornati indietro a quello che sarebbe stato il via vai di carovane di oro per il mondo, in cambio di gas e petrolio. Scaduto l’ultimatum e concluso il meeting sudafricano, Davos ed i suoi strilloni dovranno inventarsi qualcos’altro per provare a contrastare quella che ormai è la realtà vivente di un processo di de-dollarizzazione più che in corso,  certificato dalle dichiarazioni dei leader che rappresentano i paesi che formano i BRICS. Niente moneta comune, niente connessioni delle valute con oro o qualsiasi altro materiale presente in natura, ma solo accordi di partnership sempre più stretta tra loro, che prevedono il regolare gli scambi commerciali reciproci attraverso la consegna di estratti conto denominati nelle valute nazionali.

È chiaro, come sempre da noi immaginato, che la notizia fosse totalmente inventata e tenuta in piedi da quelli che sono i poteri profondi che hanno in mano il mondo occidentale. Infilare i paesi nella gabbia del cambio fisso, per rendere la moneta scarsa per la maggioranza ed abbondante per l’élite, è ormai il remake di un film prodotto in Europa con regia occidentale, che nel mondo viene mandato in onda senza sosta, almeno dalla nascita di Cristo.

Vendere il brevetto del Gold Standard, come la soluzione a tutti i problemi, in primis quella di non vedersi volatilizzare i propri risparmi per mano dell’inflazione dovuta ad un eccesso di stampa della moneta, è come proporre la chemioterapia a chi si preoccupa di un’unghia incarnita a un piede. E naturalmente, come ovvio che sia, c’è sempre chi ci crede e ci casca!

Nel mondo possono essere scarse le risorse reali e la manodopera, ma non certamente sono scarsi i numeri elettronici che tutte le banche centrali del pianeta ci hanno mostrato di saper moltiplicare a loro piacimento da oltre duecento anni  a questa parte, senza che niente di catastrofico accadesse sulla Terra. La catastrofe semmai avviene per l’esatto contrario, ovvero si rende la gente precaria nel lavoro e sofferente nella loro quotidianità nel dover rinunciare anche ai beni e ai bisogni più essenziali, proprio perché si decide deliberatamente di far mancare la quantità di moneta sufficiente per cui ognuno possa ottenere quanto appena descritto. Evidenziato come la notizia di una valuta comune per i BRICS sia del tutto una novella partorita dei poteri occidentali, non possiamo non accoppiarla con l’unica voce stonata fuori dal coro che si è manifestata al meeting in Sudafrica sull’argomento: è stato il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, a margine dell’incontro, l’unico a tenere in piedi il prospetto di una creazione di una nuova valuta, comune e digitale, per gli investimenti e gli scambi commerciali tra i Paesi componenti, con l’obiettivo dichiarato di ridurre la propria vulnerabilità alle fluttuazioni del dollaro americano. Nell’attesa che Putin e Xi Jinping, verifichino al loro interno se la figura di Lula possa o meno rappresentare il cavallo di Troia, portato nelle loro stanze dai poteri occidentali, consentitemi una mia valutazione tecnica sulle dichiarazioni del presidente brasiliano.

Se l’obiettivo dichiarato da Lula è realmente quello di affrancarsi dal dollaro, la soluzione non è certo quella di una valuta comune modello-euro, tanto più se si rendesse la sua emissione legata alle riserve auree di un paese. Come si suole dire, si cadrebbe dalla padella nella brace! La soluzione è già a portata di mano dei BRICS ed è quella che hanno già dichiarato gli altri membri, ovvero quella di commerciare con le valute nazionali invece che con il dollaro. Elementare... direbbe Holmes a Watson! Allora, se la soluzione è elementare e già condivisa ed applicata da tutti, la domanda nasce spontanea: a che gioco gioca Lula? O meglio ancora, per quale squadra gioca Lula? Il presidente brasiliano ritiene che i Paesi che non utilizzano il dollaro statunitense non debbano essere costretti a commerciare in tale valuta. Una moneta esclusiva per i BRICS “aumenta le nostre opzioni di pagamento e riduce le nostre vulnerabilità”, ha dichiarato durante la sessione plenaria di apertura del summit la scorsa settimana. Dichiarazioni che aumentano ancor di più i dubbi sulla figura del presidente brasiliano e su quelle che sono le sue reali intenzioni. Il contrasto sull’argomento è più che evidente, se si analizzano le dichiarazioni degli esponenti degli altri paesi proprio in risposta al presidente brasiliano: alcuni funzionari sudafricani hanno specificato che il tema di una moneta dei BRICS non era all’ordine del giorno del vertice, mentre il mese scorso il ministro degli Esteri indiano ha affermato che “non esiste alcuna idea di una valuta BRICS”. Secondo il presidente russo Vladimir Putin, che ha partecipato al summit da remoto, si sarebbe piuttosto dovuto discutere del passaggio da un commercio in dollari USA tra i Paesi membri a un sistema di scambio con le relative valute nazionali. La Cina, dal canto suo, non ha commentato la dichiarazione del presidente brasiliano. Xi Jinping durante il vertice ha semplicemente dichiarato di voler promuovere “la riforma del sistema finanziario e monetario internazionale”. Ma vi è di più, solo un mese fa il governatore della banca centrale sudafricana Lesetja Kganyago, dimostrando perfetta conoscenza della materia monetaria, aveva dichiarato che creare una moneta BRICS sarebbe più che altro un “progetto politico”, per il quale sarebbe necessaria non solo un’unificazione bancaria, ma anche fiscale, creando una convergenza macroeconomia solida.

In definitiva i leader dei Paesi BRICS hanno affermato all’unanimità di voler utilizzare maggiormente le proprie valute nazionali, piuttosto che il dollaro statunitense e di abbandonare definitivamente il progetto di una valuta comune, Lula permettendo. L’esilio della Russia dai sistemi finanziari globali, imposto dalle sanzioni introdotte lo scorso anno, ha alimentato la speculazione secondo cui gli alleati non occidentali si sarebbero allontanati dal dollaro, un processo di de-dollarizzazione che Putin ha definito “oggettivo e irreversibile” in occasione del summit. Se dalle parole passiamo ai numeri, secondo i dati forniti dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), la percentuale di dollari americani inseriti nelle riserve valutarie ufficiali è scesa al 58% nell’ultimo trimestre del 2022 e al 47% se adeguata alle variazioni del tasso di cambio. Parliamo di livelli minimi mai visti negli ultimi 20 anni. Tuttavia, il dollaro continua a dominare il commercio mondiale. Secondo i dati della Banca dei Regolamenti Internazionali (BRI), rappresenta quasi il 90% delle transazioni forex globali. La strada comunque ormai è tracciata ed il destino della de-dollarizzazione e la sua effettiva implementazione dipende strettamente dal fatto che innumerevoli esportatori e importatori, così come debitori, creditori e trader di valuta in tutto il mondo, decidano in modo indipendente di smettere di usare il dollaro, preferendo altre valute. La Santità del dollaro come valuta di riserva è un altro dei dogmi della religione neoliberale e globalista – profuso con tanto ardore anche nel belpaese dai nostri Marattin di turno – che sta per cadere definitivamente.

Fabio Bonciani

 
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